Introduzione
È ampiamente riconosciuto che sesso e genere interagiscano con fattori come background genetico, etnia, status socioeconomico, disabilità, ed età influenzando così lo stato di salute e la malattia. Il termine sesso si riferisce ai fattori biologici associati a caratteristiche fisiche e fisiologiche, inclusi ormoni, cromosomi sessuali e anatomia riproduttiva, mentre il termine genere definisce i ruoli, i comportamenti e i costrutti sociali di donne, uomini e persone di genere diverso. Questi processi biologici e sociali dinamici e interconnessi fanno sì che uomini, donne e individui con sesso e genere diversi sperimentino la salute, la malattia e l’accesso alle cure in modo diverso [Regitz-Zagrosek V, Gebhard C. Nat Rev Cardiol. 2023;20(4):236-247]. Di recente, la nostra comprensione del genere è evoluta notevolmente, tanto che oggi parliamo di spettro di genere. In realtà, i ruoli di genere cambiano notevolmente anche in base all’area geografica e ai contesti storici e culturali. Per esempio, nella nostra società le attività sociali e professionali delle donne sono cambiate notevolmente negli ultimi decenni, modificando lo scenario sociale e familiare e ampliando lo spettro di genere [Diekman AB, Eagly AH. Pers Soc Psychol Bull. 2000;26(10):1171-1188].
In realtà, la consapevolezza delle diverse manifestazioni e decorso clinico nei due sessi si ritrova anche nel Corpus Hippocraticum (IV sec a.C.), ma dai tempi di Galeno (II sec d.C.) in poi il corpo maschile viene considerato come standard ideale e riferimento nei testi di anatomia e successivamente in tutto l’ambito medico.
Nel 1991 la Dott.ssa Bernadine Healy, cardiologa e direttrice dell’Istituto Nazionale della Salute degli Stati Uniti, pubblica un famoso editoriale sul New England Journal of Medicine, intitolato “La sindrome di Yentl” [Healy B. N Engl J Med. 1991;325(4):274-6], dal titolo del romanzo del Premio Nobel Isaac B. Singer. La protagonista del racconto dovette travestirsi da uomo per poter frequentare la scuola ebraica. In questo editoriale, Healy denuncia le gravi disparità nelle cure in campo cardiologico destinate alle donne, ospedalizzate meno frequentemente rispetto agli uomini, dimesse senza un’adeguata valutazione del loro reale stato di salute, e come i sintomi di patologie cardiache e cardiovascolari nelle donne siano spesso mal interpretati o minimizzati. Nell’articolo, Healy discute anche dell’importanza di coinvolgere sempre più individui di sesso femminile in sperimentazioni e studi clinici, per poter riconoscere i sintomi di malattie gravi anche nelle donne e intervenire con la terapia più appropriata.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) fornisce nel 2008 la definizione di “medicina di genere”, definendola come lo studio dell’influenza sullo stato di salute e di malattia di ogni persona delle differenze dovute a sesso biologico e genere inteso come insieme di fattori socioeconomici e culturali. Dopo molti anni, il 13 giugno 2019 il Ministro della Salute approva formalmente il Piano per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere sul territorio nazionale firmando il decreto attuativo relativo alla Legge 3/2018, facendo così dell’Italia il primo Paese in Europa a formalizzare l’inserimento del concetto di “genere” in medicina con la finalità della personalizzazione delle cure [Link].
Nell’era della medicina di precisione, è diventato cruciale considerare la complessità delle interazioni che coinvolgono il sesso e l’ampio spettro dell’identità di genere e come queste debbano essere analizzate e le differenze tra i sessi debbano essere descritte non solo nella raccolta e interpretazione di dati epidemiologici, ma anche nella ricerca scientifica preclinica – che impiega cioè modelli sperimentali in cellule e animali – e clinica sugli umani, sino alla valutazione delle disparità nell’accesso alle cure [Heidari S, Babor TF, De Castro P, Tort S, Curno M. Res Integr Peer Rev. 2016;1:2]. La medicina di genere nasce, quindi, con lo scopo di descrivere queste differenze di sesso e genere e diffondere un paradigma di medicina personalizzata, contribuendo allo stesso tempo a migliorare l’equità nell’accesso alle cure.
L’analisi di sesso e genere negli studi preclinici
Gli studi preclinici impiegano cellule da donatore o linee cellulari commerciali oppure modelli animali. L’analisi delle differenze di sesso, ancora oggi troppo spesso trascurate in ambito preclinico, è fondamentale in questo contesto, perché si possono verificare delle risposte biologiche differenti o delle caratteristiche molecolari differenti a seconda del sesso della cellula o dell’animale impiegato nell’esperimento, mentre chiaramente non si può in questo contesto parlare di genere, [Sohn E. Nature. 2021;595:S51–S53].
Per tanti anni i ricercatori hanno utilizzato spesso animali di un solo sesso, tipicamente quello maschile, perché è più semplice analizzare i risultati sperimentali osservati in questo sesso, che non subisce l’influenza degli ormoni sessuali nelle varie fasi del ciclo mestruale. Successivamente, quello che era vissuto come un ostacolo è stato visto come un’opportunità per studiare queste differenze nei modelli animali e scardinare alcuni bias basati sul genere nei soggetti umani. Ad esempio, Voskuhl et al. negli anni ’90 impiegando topi di entrambi i sessi riuscì a dimostrare che la sclerosi multipla si presenta con una maggiore attività di malattia nei topi di sesso femminile, scardinando lo stereotipo che prevede che la donna sia più incline a lamentarsi e cercare assistenza medica (implicazione di genere) nel riportare una gravità di malattia che era in realtà legata al sesso biologico [Voskuhl RR. Mult Scler. 2020;26:554-560]. Esistono linee guida non solo per la stesura dei paper, ma anche per il disegno di studi, che deve considerare a partire da un’attenta revisione della letteratura se siano note differenze tra i sessi. Le stesse linee guida suggeriscono di riportare sempre il sesso delle cellule, dei tessuti, degli animali studiati. Qualora si decidesse di utilizzare un solo sesso, perché in letteratura non sono note differenze biologiche tra i sessi, è necessario spiegarne la motivazione e discutere sempre le possibili implicazioni di sesso/genere nei propri risultati [https://ease.org.uk/communities/gender-policy-committee/the-sager-guidelines].
Disparità di sesso e genere negli studi clinici
La disparità di sesso e di genere nell’arruolamento negli studi clinici continua a rappresentare un problema reale, nonostante i progressi nella conoscenza e diffusione della medicina di genere. [Abbasi K. BMJ. 2023;382:p2091]. Le donne sono ancora sottorappresentate negli studi clinici condotti per valutare la sicurezza e l’efficacia dei farmaci. Anche nel caso degli studi su soggetti umani, le differenze di sesso e genere devono essere tenute in considerazione durante tutto il processo di ricerca, dalla progettazione dello studio sino alla raccolta e analisi dei risultati. Arruolare persone di generi diversi e analizzare i dati in modo disaggregato è necessario fin dalle prime fasi di ricerca e può influenzare la progettazione e l’interpretazione di studi clinici successivi e facilitare la scoperta di terapie ottimizzate in base al genere.
Per approfondire, è disponibile un documento curato dal Gruppo di Lavoro “Ricerca e innovazione” con la collaborazione di esperti professionisti denominato “Linee di indirizzo per l’applicazione della Medicina di Genere nella ricerca e negli studi preclinici e clinici” messo a disposizione dall’Osservatorio Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità nel 2023 con lo scopo di fornire indicazioni e suggerimenti per la stesura di studi/protocolli di ricerca che tengano conto dei determinanti sesso e genere [Link].
Differenze di sesso e genere nella pratica clinica
Nella pratica di tutti i giorni, non solo il sesso biologico, ma anche i ruoli sociali, le dinamiche familiari e i fattori culturali incidono sulle differenze tra maschi e femmine nella frequenza e nel decorso di una malattia.
Ad esempio, è noto come l’infarto miocardico acuto (IMA) sia più frequente nell’uomo, soprattutto in età giovanile, quando la donna è protetta dalla presenza degli ormoni sessuali femminili. Dopo la menopausa, il rischio nei due sessi diventa paragonabile, ma ancora oggi rimane nei medici il pregiudizio che la donna, anche se in post-menopausa sia meno a rischio di IMA. Inoltre, il corteo sintomatologico è molto differente tra i due sessi. Infatti, le donne spesso si presentano con sintomi come epigastralgia e nausea, cosiddetti “atipici”. Continuando a studiare l’IMA e le sue complicanze in soggetti soprattutto di sesso maschile e descrivendo come come “tipico” il dolore toracico oppressivo deli uomini, il rischio di non identificare una sindrome coronarica acuta nelle donne rimarrà elevato [DeVon HA, Mirzaei S, Zègre-Hemsey J. J Am Heart Assoc. 2020;9(7):e015539].
È stato anche osservato che spesso, nei casi di sindromi coronariche acute nella donna, le cause di un possibile ritardo nell’accesso a cure specialistiche sono spesso legate alla necessità di occuparsi delle faccende domestiche, di accudire i figli o un genitore anziano che ha bisogno di assistenza, ruolo tradizionalmente più frequentemente ricoperto da soggetti di sesso femminile che maschile [Balla S, Gomez SE, Rodriguez F. Curr Treat Options Cardiovasc Med. 2020;22(12):75]. Quindi il ruolo della donna nella società e nella famiglia può influenzare il decorso e la gravità anche di un evento come la sindrome coronarica acuta. Per questo motivo, è necessario considerare queste differenze socioculturali e genere-specifiche nel disegno di interventi mirati alla prevenzione delle complicanze e della mortalità cardiovascolari [Vogel B, Acevedo M, Appelman Y, Bairey Merz CN, Chieffo A, Figtree GA, Guerrero M, Kunadian V, Lam CSP, Maas AHEM, Mihailidou AS, Olszanecka A, Poole JE, Saldarriaga C, Saw J, Zühlke L, Mehran R. Lancet. 2021;397(10292):2385-2438].
Gli studi epidemiologici
È noto che le donne godono del privilegio di una vita più lunga rispetto agli uomini. In Italia, ad esempio, l’aspettativa di vita media per un uomo è stimata intorno agli 80,3 anni, mentre per le donne raggiunge gli 84,9 anni. Tuttavia, questo non rappresenta un reale vantaggio se consideriamo la qualità della vita, l’aspettativa di vita in buona salute è identica per entrambi i generi [Quaderni del Ministero della Salute, n. 26, aprile 2016, Il genere come determinante della salute. Lo sviluppo della medicina di genere per garantire equità e appropriatezza della cura, pp. 29-32].
Questo dato è confermato anche da uno studio recente pubblicato sulla rivista The Lancet Public Health che ha utilizzato i dati del Global Burden of Disease Study 2021 per le 20 principali cause di malattia a livello globale in soggetti di entrambi i sessi suddivisi in diversi gruppi di età a partire di dieci anni, considerando dati raccolti dal 1990 sino al 2021 [Patwardhan V, Gil GF, Arrieta A, Cagney J, DeGraw E, Herbert ME, Khalil M, Mullany EC, O’Connell EM, Spencer CN, Stein C, Valikhanova A, Gakidou E, Flor LS. Lancet Public Health. 2024;9(5):e282-e294].
In accordo con dati precedenti di letteratura, il COVID-19 e la cardiopatia ischemica risultavano le principali cause di morbidità e mortalità, seguite da tumore ai polmoni e malattia renale cronica, dove la differenza tra i due sessi tende anche ad aumentare con l’età, colpendo più gli anziani di sesso maschile, mentre tra i giovani maschi di tutte le regioni del mondo viene riportato un maggior numero di incidenti stradali rispetto alle coetanee. Le donne, per contro, sono più frequentemente affette da malattie croniche non mortali come lombalgia, disturbi depressivi (entrambe maggiori di oltre un terzo nelle donne rispetto agli uomini), cefalea, disturbi d’ansia, altri disturbi muscoloscheletrici, morbo di Alzheimer e altri tipi di demenza e l’HIV/AIDS. A differenza degli uomini quindi le donne vivono più a lungo, ma la loro vita è più spesso condizionata da malattie croniche o disabilità. Paradossalmente, queste ultime vengono spesso sottovalutate nelle donne, per le quali i sistemi sanitari tendono a ritenere più importanti la salute sessuale e riproduttiva.
Gli autori sottolineano che le differenze di salute identificate iniziano ad emergere nell’adolescenza, in coincidenza con un momento critico in cui le norme e gli atteggiamenti di genere si intensificano. Emerge, quindi, la necessità di risposte mirate fin dall’infanzia per prevenire l’insorgenza e l’esacerbazione delle condizioni di salute con conseguenze anche fatali nel sesso/genere maschile e di una maggiore attenzione alle conseguenze non fatali che limitano la funzione fisica e mentale nel sesso/genere femminile, soprattutto in età avanzata.
La necessità di linee guida sesso e genere-specifiche
Appare quindi chiaro come le differenze tra sessi e in base al genere richiedano strategie multidisciplinari e genere-specifiche, comprese collaborazioni con i settori sociali e dell’istruzione, per promuovere norme e ruoli di genere positivi e sani in ogni fase della crescita di un individuo. Comportamenti che sono globalmente più comuni tra gli uomini, come il fumo e il consumo di alcol, tipicamente iniziano durante l’adolescenza e continuano nell’età adulta, creando percorsi di esposizione a lungo termine associati ad outcome di salute negativi, tra cui polmoniti, BPCO, cancro ai polmoni, malattie cardiovascolari, cirrosi e altre malattie epatiche
Le peculiarità di genere nelle sindromi coronariche acute comportano la necessità di linee guida e PDTA dedicati e genere-specifici e l’importanza della promozione di specifici programmi di informazione, formazione e prevenzione. Un documento dell’Osservatorio Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità dà indicazioni precise al riguardo [Link ].
I prossimi passi verso una medicina più precisa ed equa
Uno studio approfondito delle differenze di sesso e genere deve essere condotto e applicato a più livelli, a partire dai testi di anatomia, sino ai manuali di medicina interna, che ancora oggi si basano spesso su parametri e manifestazioni cliniche prevalenti nei pazienti di sesso maschile passando per gli studi preclinici, clinici ed epidemiologici che formano la base di evidenze su cui costruiamo la nostra pratica clinica quotidiana.
Le notevoli differenze di salute tra donne e uomini in una stessa condizione patologica evidenziano la necessità urgente di basare le politiche su dati specifici per sesso e età, continuando a promuovere la ricerca sensibile al genere. Infatti, nonostante il progresso degli ultimi anni, rimangono ancora poco disponibili i dati specifici disaggregati per sesso, e le informazioni sull’identità di genere sono ancora più scarse. Allo stesso modo, anche lo studio della condizione delle persone con identità transgender, o dei pazienti che assumono ormoni sessuali perché non ha un’identità cisgender fa parte anch’esso della medicina di genere, anche se ancora oggi spesso trascurato. Tra le cause anche la mancanza di strumenti specificamente disegnati per poter collocare ogni individuo nello spettro di genere e individuare fattori genere-specifici senza incorrere in stereotipi e pregiudizi. Anche in questo ambito l’Osservatorio per la Medicina di Genere ha messo a disposizione dei professionisti sanitari un glossario, delle linee di indirizzo per la comunicazione del personale sanitario con i pazienti LGBT+ e linee guida sull’appropriatezza terapeutica nelle persone transgender, con la finalità di fornire le cure migliori a tutti i pazienti ed evitare pregiudizi e discriminazioni [https://www.iss.it/osmg-documenti].
Le disparità e i bias basati su sesso e genere sono a volte meno evidenti. L’intelligenza artificiale (artificial intelligence – AI) sta diventando sempre più diffusa anche in ambito sanitario, ma anche per questa tecnologia sono emerse disparità e bias basati su sesso, etnia e diversa appartenenza culturale, tanto che la United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization (UNESCO) ha ritenuto necessario redigere delle raccomandazioni cui hanno aderito le principali compagnie di tecnologie in campo informatico [https://www.unesco.org/en/artificial-intelligence/recommendation-ethics]. Similmente, in campo automobilistico, nel caso dei crash test, per molti anni i manichini utilizzati avevano parametri biometrici maschili, trascurando i rischi della donna, che ha caratteristiche diverse e può anche trovarsi in stato di gravidanza [Insurance Institute for Highway Safety, “Vehicle choice, crash differences help explain greater injury risks for women” February 11, 2021. https://www.iihs.org/news/detail/vehicle-choice-crash-differences-help-explain-greater-injury-risks-for-women].
Sempre più enti che finanziano la ricerca biomedica a livello internazionale richiedono che i progetti per cui viene richiesto il finanziamento tengano in considerazione le differenze di genere, accettando, approvando e finanziando progetti che prevedano l’analisi dei determinanti di sesso e genere sin dal disegno dello studio [Link ]. Allo stesso modo gli editor delle riviste biomediche peer-reviewed di alto impatto richiedono oggi standard di pubblicazione che favoriscono gli studi che prevedano un piano per l’analisi di genere e riportino i risultati in forma disaggregata [Heidari S, Babor TF, De Castro P, Tort S, Curno M. Res Integr Peer Rev. 2016;1:2].
Conclusioni
Le disparità nell’accesso alle cure nascono dalla mancanza di dati sesso e genere-specifici e dalla scarsità di piani strategici in ambito sociosanitario. Se è vero che molto spesso le disparità penalizzano le donne, motivo per cui ancora oggi la medicina di genere viene vissuta come un “affare” delle donne, far emergere le differenze basate su sesso e genere servirà a tutta la popolazione, compresa quella maschile. La medicina di genere è quindi medicina delle differenze. La sfida futura sarà progettare, implementare e valutare strategie basate su queste differenze tra sessi e generi diversi per prevenire e trattare le principali cause di morbilità e mortalità prematura fin dall’infanzia e in popolazioni di diverse aree geografiche.
L’informazione, la formazione professionale e l’insegnamento a vari livelli, compreso quello degli studenti di medicina e delle professioni sanitarie avranno un ruolo cruciale affinché la medicina di genere venga sempre più riconosciuta non come una branca a sé stante, ma come parte integrante della ricerca nell’ambito medico e scientifico, nonché della nostra pratica clinica e sociosanitaria.
Roberta Gualtierotti, professoressa associata di Medicina Interna
Dipartimento di Fisiopatologia medico-chirurgica e dei Trapianti
Università degli Studi di Milano
SC Medicina – Emostasi e Trombosi
Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico Milano
Monica Calamai, Direttrice Generale dell’AUSL e Commissaria Straordinaria dell’AOU di Ferrara